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Il Padre Nostro

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, la tua volontà sia fatta sulla terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo contro di noi, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.

AMEN

AMEN
Non sono un gran credente....ma credo in qualcosa superiore all'uomo....la conferma è una preghiera di migliaia d'anni fa.....l'uomo nonostante tutto è ancora fermo al Pane quotidiano e ai Debiti....abbiamo migliorato ed inventato molto ....tranne le cose più Importanti. SAPO.

venerdì 2 novembre 2012

Fatti un Business con le tue mani........


Fatti un business con le tue mani!

Sacco21
New York c’è già una fiera da qualche anno.  Anche in Egitto  organizzano un evento nel mese diottobre. E come promette “The Economist”, il fenomeno si espanderà presto in tutto il mondo.
Sto parlando dei “makers” o, per capirci meglio, di coloro che scelgono di ricorrere all’autoproduzione per iniziare la propria attività imprenditoriale. In America hanno dato vita ad un vero e proprio movimento che unisce chi si dedica all’autoproduzione di vestiti, a chi si occupa dicoltivare verdure nel suo orto domestico, a chi crea nuovi strumenti elettronici, assemblando vecchi hardware.
Un business che è la risposta a due esigenze del nostro tempo. La prima è la ricerca di un lavoro, per fronteggiare una delle peggiori crisi di occupazione del mondo occidentale. L’altra di natura psicologica. Immersi in una realtà in cui tutto è digitale, l’autoproduzione è, infatti, la reazione dell’anima artigiana dell’uomo, del suo bisogno di realizzare qualcosa con le proprie mani.Tante le sfide per chi decide di immergersi in questo campo.  Sulle spalle di chi autoproduce, infatti, pesano tutte le fasi della produzione: dall’ideazione, alla realizzazione pratica fino alla distribuzione.

Prima sfida: come finanzio la mia idea?

La quasi totalità di chi autoproduce, per finanziare la sua idea ricorre a risparmi personali.  Nellasperanza che il successo di un’iniziativa attiri l’attenzione degli investitori e, soprattutto, delle banche.

Seconda sfida: come distribuisco il mio prodotto?

Questo è senza dubbio l’ostacolo maggiore. Tanto che si può dire che è proprio questa fase il vero banco di prova per l’autoproduttore. Puoi avere tra le mani il prodottomigliore del mondo ma se non trovi il modo per raggiungere i tuoi utenti non vai da nessuna parte!

 La svolta si chiama Web

La rivoluzione è rappresentata da Internet e dai social media. Qui si aprono possibilità infinite per instaurare un contatto diretto con il consumatore. Anche se la Rete è un oceano e bisogna saperci navigare!

Una storia di chi ce l’ha fatta

I casi di chi ce l’ha fatta sono tanti. Soprattutto tra le donne che sembrano essere quelle che meglio si sono adattate a questa tipologia di business.
Come ci insegna la storia di Camilla Vinciguerrafashion designer, che è partita proprio da una forma di autoproduzione fino a meritarsi uno spazio nel numero di settembre della prestigiosa rivista Glamour.
Siamo andati a farle qualche domanda per conoscere dalla sua voce la sua esperienza.
Fare affari nel mondo della moda, un settore così esclusivo ed elitario, non è certamente semplice. Lei come ci è riuscita?
Il mondo della moda oltre ad essere esclusivo è molto sviluppato questo significa che ci sono però nicchie di mercato vuote, nelle quali si può entrare con prodotti innovativi, che seguono però anche le attese di chi compra.
Quali i maggiori ostacoli che ha dovuto superare?
La gerarchia! Le persone che con fatica occupano oggi ruoli di coordinamento, salvo eccezioni, sono poco disponibili ad investire sui giovani.
Come  è nata questa sua passione per moda e design? 
E’ nata quando a 7 anni ho iniziato a sfogliare riviste patinate, la bellezza e l’eleganza delle donne è diventata per me una missione, quando una donna si sente bella e sicura può conquistare il mondo.

L’autoproduzione può essere una risposta concreta alla crisi? 
L’ auto produzione è una parola che può far nascere equivoci. Io mi occupo di tutto, non ho un organizzazione stabile ma prelevo quando serve i servizi e le esperienze di altri piccoli imprenditori, di esperti e di bravi artigiani. Una sintesi? continuare a tagliare i costi alzando la qualità.

C’è qualcuno che l’ha aiutata a finanziare il suo progetto? 
Molto poco la mia famiglia. Ho provato ad andare in banca ma mi hanno fatto sentire un rapinatore, sono riuscita anche a strappare sorrisi freddi quando ho dichiarato di avere poche garanzie da dare.

Ci parli dell’importanza del passaparola in un’attività come la sua? 
E’ la chiave, oltre alle persone soddisfatte del mio lavoro Facebook e i social network sono una calamita.

Qual è stata finora la più grande soddisfazione nel suo lavoro?
Quando per la prima volta ho visto una mia idea, concreta, realizzata e indossata.
Come vede la sua attività tra dieci anni? 
Credo nel mio successo ma non voglio perdere la capacità di innovare e il contatto diretto con il pubblico.

Ultima domanda. Ci dà qualche consiglio per chi, come lei, vuole diventare una fashion designer? Quali sono le cose da fare. E soprattutto da non fare?
Non farsi scoraggiare dal cinismo degli altri, essere instancabile nel cercare soluzioni alternative davanti alle porte chiuse.

La carriera di Camilla Vinciguerra in pillole:

  • A sette anni ha iniziato a prodursi da sola i vestiti
  • Ha studiato Fashion design alla Marangoni
  • Stage nelle Maison di Moda
  • Inizia  a fare vestiti per lei, le sue amiche, le loro mamme
  • Crea il sito www.camillavinciguerra.com
  • Usa il passaparola e la Rete come veicoli principali di promozione
 Giancarlo Donadio

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